Se fare colloqui è come corteggiare un'altra ragazza, dare le dimissioni assomiglia a mollare la fidanzata.
"Le cose non vanno bene, non è più come prima, però possiamo rimanere amici"
Più o meno questo è il senso delle frasi che dico all'ormai ex capo, ai colleghi delle risorse umane e all'amministratore delegato che mi chiedono le motivazioni della mia scelta.
Se poi la nuova fiamma è una stangona del centro Europa, beh posso leggere nei loro occhi un minimo di gelosia per questa bionda che mi porta via.
I tentativi di riconciliazione con cene tra colleghi e promesse che il rapporto ha enormi margini di miglioramento rimangono un piacevole modo di salutarsi nonchè il dovuto riconoscimento del discreto lavoro svolto.
Esattamente quattro anni e cinque mesi, quattro trasferimenti, tre cambi di ruolo una fidanzata e un paio di storielle dopo il mio ingresso lascio un team di amici (capo compreso), milioni di mail scritte, altrettante di mail non lette, due cellulari portati all'estremo delle loro potenzialità, tre pc consumati e una macchina con ancora su le gomme da neve.
Detta così sembra un pezzo di vita, e effettivamente lo è. Sarà per questo che non riesco a fare il gesto dell'ombrello quando mi firmano le dimissioni e a togliermi tutti i sassolini dalle scarpe. Beninteso qualche soddisfazione me la sono presa, ma giusto per sfizio, tutto il resto me lo porto via con me, come ricordo di un bellissimo periodo della mia vita.
Chiusa una porta si apre un portone, dicono, e io di nuove sfide ne vedo proprio tante: nuova nazione, nuovo settore, nuove lingue da imparare e pure un blog dove raccontare le avventure di uno che in Italia proprio non ci riusciva a stare e che con tutti i posti che ci sono è capitato in quella piccola nazione chiamata Lussemburgo.